lunedì 18 ottobre 2010

Nella serata di sabato 21 agosto, il grande alpinista, decano del GISM e prezioso collaboratore di questa edizione del festival Spiro dalla Porta Xydias ha tenuto la sua conferenza intitolata “Attentato all’alpinismo”. Con la sua consueta competenza e eccezionale capacità di analisi ha dato un quadro incredibilmente preciso di quella che attualmente è la situazione dell’alpinismo.

Spiro è un vero e proprio monumento vivente all’alpinismo. Memoria storica di interi decenni e generazioni di alpinisti, ha sempre guardato alla montagna con uno spirito profondamente e convintamente romantico, anche se questo lo ha posto spesso in contrapposizione con il presente e le sue concezioni “sportive” della pratica dell’alpinismo.

Lungo le due ore di conferenza ha ripercorso con una precisione e una dovizia di particolari incredibili tutti i punti salienti della storia dell’alpinismo, dalla sua nascita con la conquista del Monte Bianco nel 1787, fino agli sviluppi più recenti. Con una serie di diapositive di accompagnamento ha ripercorso le vicende di tutte le maggiori personalità della lunga storia dell’alpinismo, citandone le imprese principali e i punti di svolta impressi all’approccio e alle tecniche della scalata. Particolare attenzione ha dedicato agli sviluppi più recenti di questa pratica, sempre a cavallo tra lo sport e lo slancio idealistico e filosofico, dove ormai sembra prevalere in maniera netta la concezione sportiva, che per Spiro ne svilisce l’essenza e porta l’alpinista a forme pericolose di onnipotenza e di mancanza di rispetto nei confronti della montagna. Da uomo di fede e inguaribile romantico, solo un ritorno alle origini può salvare l’alpinismo dall’”attentato” ordito dai nuovi approcci alla montagna.

Alla conferenza hanno partecipato anche Annibale Salsa, Filippo Zolezzi e un altro grandissimo dell'alpinismo, Armando Aste, grande amico di Spiro.

Tavola rotonda "Le nuove alpi, vivere la montagna oggi"

La prima giornata del festival ha avuto uno dei suoi momenti principali nella tavola rotonda "Le nuove alpi", a cui hanno partecipato personalità del calibro di Annibale Salsa, Enrico Camanni, Spiro dalla Porta Xydias, Marcello Mazzucchi e del sindaco di Vallarsa, Geremia Gios.

Oggi è possibile vivere le Alpi? Questa la domanda centrale di questo importante incontro.

Il primo intervento è quello di Enrico Camanni, giornalista, alpinista e scrittore di molti saggi sulla montagna, tra cui La nuova vita delle alpi (Bollati Boringhieri, 2002) è senza dubbio il più affine alle tematiche della serata. Nel suo intervento ha evidenzato la necessità, per chiunque viva nell’ambiente alpino, di mettersi in gioco completamente, in un momento di snodo storico importante come questo, senza chiudersi su sé stessi, cercando di tutelare unicamente tradizioni che rischierebbero di diventare usanze da cartolina, né di contro appiattirsi sulle necessità di chi, proveniente dalla città, desidera trovare esattamente gli stessi servizi e le stesse comodità durante la sua settimana bianca. Chi vive in montagna deve essere in grado di scegliere cosa debba essere salvaguardato ad ogni costo e cosa invece sia più conveniente cambiare o reinventare per poter vivere al meglio l’ambiente alpino. Allo stesso tempo è necessario mantenere uno sguardo il più possibile unitario e di insieme su tutto l’arco alpino e le sue problematiche, per evitare di cadere nella facile trappola del localismo, che non farebbe altro che frantumare ulteriormente l’ambiente sociale montano, indebolendo la capacità decisionale delle popolazioni.

La parola passa poi a Geremia Gios, sindaco di Vallarsa e professore di Economia e estimo rurale alla facoltà di Economia di Trento. Il suo è un intervento maggiormente incentrato sull’economia del territorio e sulla necessità, da parte della popolazione delle zone alpine di aver voce in capitolo nelle scelte che ne interessano l’ambiente e la vivibilità. Le alpi, infatti, sono zone dove demograficamente la popolazione cresce a ritmi superiori rispetto alla media del singolo stato, a dimostrazione di una vitalità dell’ambiente, ma sono zone che subiscono una forte emigrazione successiva nel caso in cui il centro decisionale non fosse anch’esso inserito nell’arco alpino (come ad esempio nei casi di Svizzera, Val d’Aosta e Trentino). Per poter vivere bene in montagna è quindi necessario riappropriarsi del proprio territorio, poterlo gestire in autonomia e non dovendo ubbidire a logiche di mercato che vedono sempre favoriti i grandi centri urbani, e puntare sulle nuove tecnologie, per poter creare nuovi posti di lavoro in grado di catalizzare le fasce più giovani della popolazione, incentivandole a rimanere.

L’intervento di Marcello Mazzucchi, professore di Ecologia presso la facoltà di Ingegneria Ambientale di Trento, è dedicato alla gestione ambientale delle alpi, trentine in particolare. Negli ultimi anni il trasferimento verso i centri urbani della gran parte della popolazione montana ha interrotto quelle che erano tradizioni millenarie di gestione del territorio. I pascoli, non più sfruttati, si sono rapidamente rimboschiti, riportando il paesaggio alpino alla sua forma naturale, quella cioè di un’unica grande foresta. Per ritornare a vivere la montagna è quindi necessario ripristinare quelle modalità di sfruttamento delle risorse ambientali che facevano del paesaggio di montagna un paesaggio antropizzato, vissuto e modellato dall’uomo, in grado di soddisfare i suoi bisogni.

Il quarto intervento è quello di Annibale Salsa, ex presidente del CAI e della convenzione delle Alpi e grande esperto di antropologia delle alpi. Il suo intervento si riallaccia a quanto detto precedentemente da Camanni, e si concentra principalmente sulla crisi profonda del modello di vita industriale- cittadino che ha dominato per tutto il ventesimo secolo. Una crisi che può restituire alla montagna lo spazio che ha progressivamente perso con la nascita degli stati nazionali, che hanno creato frontiere dove prima c’erano confini, lacerandone l’unità e dividendone il territorio. La montagna può e deve riprendersi gli spazi di libertà e di manovra che ha sempre avuto, recuperando la mobilità interna che ha garantito alle popolazioni di convivere pacificamente, incontrandosi e mescolandosi. Soprattutto la montagna deve riuscire a elaborare nuovi modelli sociali, unendo ciò che di buono ha da offrire la tradizione e la modernità, per poter uscire dalla sudditanza nei confronti della città e ricominciare ad essere un luogo vissuto pienamente.

La tavola rotonda si conclude con l’intervento di Spiro dalla Porta Xydias, grande alpinista, presidente del GISM e scrittore di montagna prolificassimo, che affronta il lato romantico e spirituale della montagna. Citando numerosi esempi (come l’Olimpo per i greci, o i templi indiani, che in sanscrito sono sinonimi di montagna) mostra come la montagna sia sempre stata per l’uomo la naturale sede del divino, un punto di contatto tra cielo e terra. E come la conquista della vetta sia per l’alpinista una sorta di purificazione spirituale, un momento di elevazione indescrivibile nella sua essenza più profonda. Tematiche che verranno approfondite nella terza giornata del festival, con la conferenza da lui curata “Attentato all’alpinismo”.

giovedì 7 ottobre 2010

Presentazione della nuova edizione de "La prova del fuoco" di Carlo Pastorino

Nella seconda parte del pomeriggio di domenica 22 agosto, dopo la conferenza di presentazione dei lavori del Trincerone è stato il momento della presentazione della nuova edizione del capolavoro di Carlo Pastorino “La prova del fuoco” (Egon, 2010). La conferenza di presentazione del volume è stata tenuta da Francesco De Nicola, Paolo Ottonello, Geremia Gios, Mario Martinelli, Gregorio Pezzato e da Carlo Pastorino.

La conferenza di presentazione inizia con un po’ di ritardo dovuto agli strascichi delle discussioni estive sui lavori al Trincerone e alle dovute e necessarie spiegazioni dei lavori stessi da parte del pool di esperti che vi hanno preso parte. L’occasione è molto importante: viene ripresentato al pubblico in una nuova edizione un grande capolavoro dimenticato della letteratura sulla Prima Guerra Mondiale, “La prova del fuoco” di Carlo Pastorino. La nuova edizione è stata curata da Egon (http://www.egonedizioni.it/catalogo/egon/La%20prova%20del%20fuoco.html), con postfazione di Francesco De Nicola, che ha introdotto la conferenza. Grande esperto di letteratura sulla Prima Guerra Mondiale, De Nicola ha introdotto al pubblico questo autore, vallarsero d’adozione, che nei luoghi del festival ha lasciato un’impronta nella memoria che ora rischia di perdersi, parlando della sua formazione, delle sue origini contadine mai dimenticate, origini che gli hanno dato quella straordinaria capacità di descrivere i paesaggi con pochi ma emozionanti particolari.

Il libro è un racconto vivido e essenziale, quasi un diario dell’anno di guerra combattuto da Carlo Pastorino, ligure di Masone, sulle montagne della Vallarsa, tra il 1916 e il 1917, prima di essere catturato dagli austriaci e rinchiuso in un campo di prigionia. Come dirà poi Gregorio Pezzato, si può leggere nelle pagine del libro il legame viscerale che Pastorino instaurerà con la Vallarsa, che diventerà una sorta di nuova terra natale, dopo le terribili prove che la guerra imporrà a lui e a tutto il suo battaglione. Tutto, dai fatti minori a quelli più violenti, è descritto con pochi, ben misurati particolari, senza indulgere in facile retorica, restituendo un immagine vivida e vera dell’esperienza della vita di trincea e della guerra di montagna, come hanno saputo fare pochi altri autori, sia in Italia che nel resto dell’Europa. Anche per questo l’operazione di riedizione di Egon, sponsorizzata fortemente dall’associazione Tra le rocce e il cielo, è estremamente importante, perché permette di riproporre al pubblico un libro di eccezionale valore che rischiava di venir dimenticato, per via di logiche editoriali spesso legate solo al profitto e non al valore dei libri.

Alla conferenza hanno preso parte anche i discendenti dello scrittore, tra cui il suo omonimo Carlo Pastorino, oltre al sindaco Paolo Ottonello e all’assessore alla cultura del comune di Masone, contribuendo a descrivere le molte somiglianze tra i luoghi natii di Pastorino e la Vallarsa. Somiglianze che hanno senz’altro contribuito a creare e rinsaldare il fortissimo legame di Pastorino con queste terre, che verranno poi rivisitate con regolarità dopo il suo ritorno dalla prigionia.

lunedì 4 ottobre 2010

Commemorazione di Claudio Barbier

Sabato è stato il giorno della commemorazione del grande alpinista Claudio Barbier, morto giovanissimo nel 1977. Alla presentazione del libro “La via del drago” di Anna Lauwaert sono accorse numerosi grandi alpinisti, fra cui il grande amico di Claudio, Frank Boeye, Fausto de Stefani, Armando Aste, Spiro Dalla Porta Xydias, Alberto Dorigatti, Loredana Giongo, Alberto Montanari, Bepi Pellegrinon, Franco Perlotto, Heinz Steinkötter e il presidente dell’Alpine Club inglese, John Porter.

Tutto il pomeriggio della giornata di sabato 21 agosto è stato occupato dalla presentazione del libro di Anna Lauwaert, intitolato “La via del drago” (edizioni Vivalda), e dalla successiva conferenza in memoria di Claudio, moderata da Mirella Tenderini. È stato un pomeriggio ben distante, però, da una fredda e distaccata commemorazione, come spesso succede a molti anni dalla morte di una grande personalità, dove la maggior parte degli invitati non ha più niente da dire sul personaggio o lo conosceva talmente poco da poter solo accennare a qualche piccolo fatto. Fin dalle pagine del libro di Anna Lauwaert si capisce che saranno ore dedicate a chiacchierare sull’uomo Claudio Barbier, al di là delle immagini stereotipate del mito dell’alpinismo.

Nel suo libro Anna ci da una visione nuova di Claudio, lontana come detto da stereotipi e false mitologie, raccontandone tutti i piccoli episodi che contribuiscono a darne un’immagine viva, che solo una persona che come lei ha condiviso tutti i momenti più intimi per lungo tempo può fare.



Il dibattito che poi si è aperto ha coinvolto tutti gli ospiti, che si sono divisi in gruppetti di 3- 4 per poter essere presenti tutti sul palco e poter parlare di Barbier. Anche in questo caso non c’è stato alcun formalismo, e i racconti dei presenti sono stati tutti molto coloriti, a partire da quelli del grande amico Frank Boeye, incentrati sul “viveur” Barbier e sul suo lato simpatico e spaccone.