venerdì 31 agosto 2012

IL GIRO DELLA FARFALLA: INTERVISTA A ALESSANDRO DE BERTOLINI



Nel tuo ultimo libro “Il giro della Farfalla” (Curcu & Genovese) parli di un tuo viaggio in bicicletta per il Trentino, come sei arrivato a raccontare questo?
Recuperando la tesi di laurea del 1898 di Cesare Battisti, in cui lui definisce il Trentino una farfalla per via dei suoi confini geografici sulla mappa, abbiamo definito il giro del Trentino “il giro delle farfalla”. Abbiamo cercato di ripercorrerlo con la bicicletta seguendo il confine. Non passo passo, perché i confini attraversano le catene montuose, ma ripercorrendo le strade che a destra e sinistra seguono il perimetro del Trentino. Sconfinando in Alto Alto Adige, in Veneto, in Lombardia la dove il percorso lo richiedeva. E’ un’attraversata di terre di confine, perché con l’obiettivo di seguire il profilo geografico della nostra provincia abbiamo continuato ad andare qua e la nelle zone limitrofe. Racconto un viaggio per le strade asfaltate, meno frequentate, attraverso i grandi passi alpini. Passi poco battuti perchè con le nuove bretelle del fondovalle le strade sono sempre più veloci, sempre più in basso e i valichi alpini sono sempre più abbandonati. Qualche passo, come quello dello Stelvio, conserva ancora la sua importanza, altri sono sempre meno battuti proprio perché il traffico scorre a fondovalle.
Perché hai scelto la bicicletta come mezzo per questo viaggio?
Vado in montagna da sempre. La bicicletta è il modo che preferisco per girare le valli trentine e non solo. E’ un modo per andare in montagna, non è tanto la bici di per se, ma la voglia di stare all’aria aperta e a contatto con la natura. La bicicletta rispetto all’automobile ti permette di viaggiare molto lentamente e di vedere quello che hai attorno, di gustarlo, di capire cosa ti passa sotto i pedali e di farti incuriosire. A muovere tutto è la curiosità, una delle virtù più diffuse e sottovalutate dell’uomo. Ce l’abbiamo un po’ tutti, ci pensiamo poco, ma è il motore che ti spinge a fare le cose, a passare da un orizzonte all’altro, a cercare cose nuove. Rispetto al camminare l’andare in bici  è un po’ meno lento e ti permette di percorrere più chilometri. In una giornata puoi cambiare valle, provincia, paese. In bici puoi fare 200, 250 chilometri molto lentamente, ma non così piano come  a piedi.
Infatti sono bastati 9 giorni per fare il giro del Trentino?
Abbiamo impiegato 9 giorni per compiere l’anello del trentino poi a ogni tappa abbiamo fatto un giro con partenza e rientro dal punto di sosta verso l’interno o sconfinando nelle zone limitrofe, itinerari ad anello. Una formula di 9 giorni più nove in cui sono stati percorsi 2.000 chilometri, 50 mila metri di dislivello e 50 passi alpini.
Hai curato per la Fondazione museo storico di Trento una mostra sulla storia della bicicletta “ Il cavallo d’argento”.
Ci siamo occupati della storia del ciclismo in Trentino, che ha molto a  che fare con la storia dell’associazionismo, dell’irredentismo, è uno sport legato a doppio nodo alla stria del Trentino e ha a che fare con lo spirito di autonomia. Io l’ho seguita perché mi occupo all’interno della Fondazione dei progetti di divulgazione storica. Il fatto che io vada in bicicletta, però, è del tutto casuale, è una coincidenza. Mi sono molto divertito a lavorarci perché è un argomento che mi appassiona anche al di fuori del lavoro, ma le due cose non hanno un collegamento.
Nell’incontro LA GIOIA DELL’ANDAR LENTI, venerdì 31 agosto, alle 21.00 al Tendone di Riva di Vallarsa, all’interno del festival Tra le Rocce e il cielo si parlerà del viaggiare piano. Perché vale la pena viaggiare lentamente rispetto a fare un altro tipo di viaggio?
Sono convinto che il territorio abbia una serie di suggestioni da offrire, una serie di informazioni da svelare, che non sempre possono essere comprese in modo immediato e se il tempo è poco. Ogni provincia, ogni valle, ogni paese ha una storia da raccontare. I segni di questa storia, ricalcano in realtà il portato culturale delle comunità che vi hanno abitato. Questi segni sono più o meno visibili a seconda delle informazioni che il territorio da e dal tipo di lettura che se ne vuole fare.
E’ evidente che quando io passo per Trento e vedo il Doss Trento posso fermarmi a pensare che quello è uno dei tre dossi che ha dato il nome alla città e che sul dosso c’è il mausoleo a Cesare Battisti. Posso fermarmi qui, oppure posso pensare chi era Cesare Battisti, a quale è stato il suo ruolo in Trentino e via di questo passo. Questo discorso si può fare per la piazza del Duomo a Milano o per il lago di Speccheri in Vallarsa, nel momento in cui mi ci avvicino e rifletto sul fatto che non è un bacino naturale. Posso limitarmi ad osservarlo o andare in profondità chiedendomi quando è stato costruito, da chi, perché, con quali capitali, con quale impatto sul territorio e con quali stravolgimenti anche sul paesaggio mentale della gente. In questo modo il territorio può essere letto a più livelli e tanto più lentamente cisi muove sopra al territorio, tanto più è facile trovare il tempo per andare in profondità nei vari livelli di informazioni che un territorio ha.
 “Il giro della Farfalla” come in “L’attraversata delle Alpi in bicicletta” (il libro scritto in precedenza) abbiamo inserito delle informazioni in maniera molto breve, senza grandi pretese raccogliendo proprio quelle curiosità che il territorio ci ha offerto, che sono tantissime e spaziano da una disciplina all’altra dalla storia, alla letteratura, all’arte.
I tuoi libri sono quindi un invito al viaggiar più lentamente e con più attenzione?
Sì, lo spirito è quello.
Dopo i tuoi viaggi Islanda, Croazia, Slovenia, Normandia, sui Pirenei, sulle Alpi, in Scozia, in Irlanda, nella Patagonia argentina e in Cile, solo per citare alcune delle tue più recenti mete, ti aspettiamo a Tra le Rocce e il cielo in Vallarsa…in bicicletta naturalmente!
Stefania Costa
costa_stefania@yahoo.it

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