mercoledì 8 agosto 2012

LA GRANDE GUERRA DEL CORRIERE DEI PICCOLI INTERVISTA A NICOLA SPAGNOLLI


Le immagini del Corriere dei Piccoli provengono 
dall'archivio della Fondazione Corriere della Sera

Nicola Spagnolli, Il Corriere dei Piccoli è stata la prima rivistafumetti dell'editoria italiana; pubblicata dal 1908 al 1995. Il settimanale dell’infanzia del Corriere della Sera, divenne subito una lettura di riferimento per diverse generazioni di bambini e ragazzi italiani. Nella mostra che sarà inaugurata il 30 agosto 2012 in Vallarsa, all’interno dal Festival Tra le rocce e il cielo, nella baita degli Alpini di Cumerlotti, si analizzano gli anni del Primo conflitto mondiale. “La Grande guerra nel Corriere dei Piccoli 1914-1919”, come è nata e di cosa parla questa mostra?
La mostra nasce da un’idea di Gregorio Pezzato. Parla della guerra vissuta dai ragazzi, del cambiamento che la Prima Guerra mondiale ha comportato nel senso della mobilitazione dell’infanzia e lo fa attraverso il Corriere dei Piccoli, le sue tavole a quadretti, le sue rubriche. Attraverso i fumetti,  si può mostrare in maniera chiara quale tipo di mobilitazione era richiesta ai bambini, attraverso gli articoli del Corrierino inseriti nella mostra si evidenzia anche la mobilitazione delle altre persone, del “popolo adulto” attraverso  il tema della guerra delle donne, quello dell’irredentismo, quello del sacrificio in nome della patria in guerra. E’ quindi una mostra sulla Prima guerra mondiale e sulla mobilitazione dell’infanzia nella Grande Guerra.
Qual è la posizione del Corriere dei Piccoli nel Primo Conflitto Mondiale?
La posizione del Corriere dei Piccoli cambia nel corso della guerra di pari passo con quella del Corriere della Sera. Il Corrierino passa da posizioni quasi pacifiste a posizioni interventiste nel momento della dichiarazione di neutralità da parte dell'Italia. Il direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, infatti, intravede nella partecipazione alla guerra possibili vantaggi e diventa un fervido interventista. Il 23 agosto sulla copertina del CdP troviamo Skizzo (uno dei personaggi più noti di quegli anni) che imbraccia il tricolore. E’ il punto di partenza di una vera e propria mobilitazione al fianco dei paesi dell’Intesa e contro l’Austria, seguendo una spinta irredentista che vede nella guerra la possibilità di completare il risorgimento e portare Trento e Trieste al Regno d’Italia.
La mostra analizza quest’epoca del Corrierino separando tavole illustrate e articoli, perché?
Si tratta di una scelta espositiva e narrativa utile per spiegare meglio un giornalino in cui tavole e articoli si integrano. E’ un modo per dare risalto alla parte grafica vista anche l’importanza dei grandi  autori delle saghe illustrate, come Antonio Rubino, Guido Moroni Celsi, Attilio Mussino, e per mostrare l’impegno mantenuto nelle rubriche. Alcuni articoli mostrano bene anche la parte di propaganda che, attraverso i bambini,  si rivolgeva agli adulti, come, per fare un esempio,  la campagna sulla sottoscrizione del debito di guerra.

Il Corriere dei Piccoli è una trasposizione per bambini del Corriere della Sera?
I due giornali procedevano di accordo, cambiando i registri. L’impiccagione di Battisti, raccontata con tanto di immagini su La Domenica del Corriere(settimanale illustrato), nel Corrierino viene  sublimata in una delle avventure di Italino (piccolo irredentista trentino figlio del disertore che non perde occasione per beffare Otto Kartofel, regio commissario dell’imperatore Francesco Giuseppe), in cui il personaggio catturato dagli austroungarici riesce, guarda caso, a sfuggire all’impiccagione.
Accanto alla propaganda irredentista contro il nemico tedesco il Corriere dei Piccoli punta a una pedagogia della guerra e del sacrificio. I bambini, per la prima volta nella storia,  vengono considerati parte attiva della comunità. Per la prima volta anche ad essi viene chiesto il loro contributo e pertanto sono educati all’obbedienza perché anch'essi sono indispensabili in una guerra totale come quella che si sta vivendo. Per questo i più piccoli devono comportarsi bene, frenare il loro entusiasmo monellesco  e accettare i sacrifici e le privazioni senza lamentarsi. Diventano così componente fondamentale per la tenuta del fronte interno. 
Nella mostra uno spazio è dedicato anche al cambiamento del ruolo della donna.
La guerra fu un’occasione di emancipazione per le donne, ma una sorta di emancipazione a noleggio, temporanea. Alle donne era concesso di fare i lavori prima di competenza esclusivamente maschile. Ma era una libertà a tempo. Il Corrierino spiegava che una volta tornati gli uomini dal fronte, si sarebbero ristabiliti i ruoli tradizionali: con la donna cultrice del focolare domestico e portatrice di vita.
Nel suo dottorato in scienze antropologiche all’Università di Verona, frequentato con la borsa di studio dell’Istituto Storico Italo Germanico della Fondazione Bruno Kesller di Trento, ha studiato il fumetto nella seconda guerra mondiale, cos’è cambiato tra i due conflitti?
Lo scorso maggio ho discusso una tesi dal titolo “Guerra e pace nel fumetto italiano e tedesco, propaganda rieducazione e memoria. 1939-1965”.
Nel fumetto, inteso come periodico per ragazzi contenente anche storie a fumetti, tra i due conflitti mondiali non cambia molto. Mutano ovviamente i contenuti, le battaglie, gli scontri di guerra, non cambia  nulla invece nella costruzione dell’immagine del nemico. Il nemico è qualcosa di totalmente diverso al proprio schieramento, è colui che non rispetta mai le regole di guerra, è colui contro il quale si combatte per la difesa di alcuni valori, come quelli di dio, patria e famiglia. Questo diventerà evidente nella seconda guerra mondiale quando si racconterà a  fumetti la campagna di Russia, presentata come una missione salvifica contro lo spettro comunista. Nella prima guerra mondiale lo spettro era il tedesco, l’austriaco. Allo stesso modo non cambia il plot, il sistema di costruzione della propaganda.

Ma il mondo del fumetto però si evolve?
Nella seconda guerra mondiale c’è un’esplosione di fumetti, questo per diversi motivi, ma soprattutto per la diffusione del fumetto avventuroso. In Italia questo tipo di fumetto arriva dagli Stati Uniti negli anni ‘30. Siamo in piena impresa coloniale, e con le sue storie più complesse, i personaggi e temi meno legati al comico, gli scenari nuovi e esotici, questo tipo di narrazione si sposa bene con la propaganda fascista di “un posto al sole per la nazione”. Si diffonde il fumetto che ha come protagonisti personaggi giovani, piccoli eroi in camicia nera, ambientato in Africa. I fumetti di avventura poi tratteranno dei vari fronti, da quello africano a quello orientale, fino al 1942. Dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti contro la Germania e l’Italia, è vietato pubblicare fumetti americani o ispirati a storie americane e dal ministero arriva un invito costante  e pressante ad ambientare le storie sui fronti di guerra e a dare risalto ai soldati impiegati nel conflitto. Fu fatto divieto anche di utilizzare i baloons, in quanto richiamo troppo diretto alla cultura americana. E questi furono sostituiti dalle didascalie.
Il Corrierino, invece, non aveva adottato il baloon (la nuvoletta) nelle sue tavole illustarte, perché?
Quella del Corriere dei Piccoli fu una scelta di forma e  di sostanza sin dal suo primo numero nel 1908. Si preferiva la cultura scritta a quella visiva che il baloon richiamava. Si pensava che impigrisse la lettura, mentre con i  distici di versi in rima, che accompagnavano le vignette, si manteneva la cultura letteraria. La scelta sarà mantenuta anche nel dopoguerra tant’è che Giovanni Mosca, direttore del Corrierino dal ‘51 al ‘62, accusa i fumetti di impigrire le giovani menti.
Stefania Costa
costa_stefania@yahoo.it

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