mercoledì 29 agosto 2012

L'ANTICO MANOSCRITTO DEL CADORE: INTERVISTA A MAURO ODORIZZI, ORCHESTRA POPOLARE DELLE DOLOMITI


Mauro Odorizzi, Orchestra Popolare delle Dolomiti: da dove nasce questo progetto e di cosa si tratta?
L’Orchestra Popolare delle Dolomiti nasce nel dicembre 2011, ma l’esordio sul palcoscenico - dopo alcuni mesi di lavoro  - è avvenuto a Trento  il 9 luglio scorso nell’ambito di Itinerari folk. L’ensemble riunisce associazioni  e musicisti già attivi nell’area dolomitica nell’ambito della musica tradizionale:  veneti, trentini e sud-tirolesi che hanno condiviso l’idea di far rivivere queste musiche “dormienti”, antichi ballabili per violino e mandolino che per quasi un secolo sono rimasti custoditi dentro alcuni quaderni manoscritti  fortunosamente ritrovati  in Cadore.  Dal ritrovamento di questo tesoro culturale l’associazione Calicanto ha preso le mosse dapprima sul versante etnomusicologico lavorando ad una pubblicazione che documentasse questo materiale, in un secondo momento per rielaborare queste musiche e poterle reinterpretare in forma orchestrale .
La presentazione del volume con CD allegato  “Ballabili antichi per mandolino o violino, un repertorio dalle Dolomiti del primo 900”, curata dall’editore friulano Nota, specializzato nella pubblicazione di documenti sonori della tradizione e in ricerche storico-musicali, è avvenuta a fine giugno . Gli autori, Roberto Tombesi, Francesco Ganassin e Tommaso Luison offrono una lettura testuale, storica e musicologica dei manoscritti. Nel libro c’è la trascrizione integrale di uno di questi quaderni, contenente 115 melodie, e nel CD allegato sono riprodotte 39 di queste melodie. Molto diffuso è il valzer, ma si trovano numerose forme di danza e titolazioni veramente inconsuete: monferrina, varsovien, galop, gavotte, berlingozza, mazurca, etc..
La formazione dell’orchestra è avvenuta mettendo in rete gruppi che sul territorio lavorano da anni nel recupero e nella riproposizione della memoria musicale: I trentini Abies alba, Compagnia del Fil de Fer e Quartetto Neuma, i sudtirolesi Pasui, i vicentini BandaBrian, i bellunesi Altei, oltre naturalmente ai padovani  Calicanto, A. Tombesi ensemble e Mideando String Quintet.  A Francesco Ganassin, componente di Calicanto, è stato affidato il compito di scegliere i brani, realizzare gli arrangiamenti e dirigere l’ensemble.
L’anteprima dello spettacolo,  andata in scena a Trento, è stata accolta con inaspettato entusiasmo dal pubblico e ha convinto tutti della possibilità di far consolidare il progetto e far diventare l’orchestra una realtà stabile. L’idea di ridar voce a questi brani anonimi, ma che ci raccontano la storia delle orchestrine che suonavano nell’area delle Dolomiti circa ottant’anni fa, presenta un suo fascino anche estetico ed emotivo che merita di essere promosso. Il repertorio del concerto presenta poi anche dei brani cantati sempre legati alle tradizioni musicali delle Dolomiti.
Il fatto che abitiamo in zone anche piuttosto distanti una dall’altra rende certamente complessa l’organizzazione dell’orchestra. Finora le prove si sono svolte  in Trentino, prima a Spera e poi a Borgo Valsugana dove abbiamo ricevuto una splendida ospitalità dalla famiglia Galvan, titolare della fabbrica di armonium e organetti fondata nel 1901. Un luogo storico per la musica tradizionale.
Il lavoro che avete compiuto sui manoscritti che immagine ha restituito della cultura musicale alpina?
Il manoscritto è un autentico tesoro dal punto di vista musicale ed etnomusicologico, purtroppo nell’arco alpino c’è poco materiale di questa importanza, non solo quantitativa ma  qualitativa: i manoscritti ritrovati testimoniano  gli usi musicali delle valli del Cadore, in gran parte similari ad altre tradizioni delle aree alpine e prealpine centro-orientali, formando quasi una koinè culturale comune. Questo ci permette di valutare i legami con altre aree dolomitiche, com’è certamente quella sud-tirolese che presenta altre pecurialità. Per questo motivo stiamo cercando di avere stabilmente all’interno dell’orchestra la presenza di musicisti sud-tirolesi per poter integrare questo percorso, arricchendo il repertorio e l’analisi sugli stili e i linguaggi.
Quali esigenze ci sono perché un lavoro come il vostro di riscoperta delle tradizioni abbia “successo”?
La nostra decisione di concentrarci sulle Dolomiti, nata dall’esigenza di Calicanto di approfondire la ricerca dei repertori alpini, speriamo possa essere aiutata dal fatto che recentemente l’Unesco ha proclamato questo territorio di montagna patrimonio dell’Umanità. Confidiamo che si possa ragionare non solo di bellezza del paesaggio, ma anche di cultura e di storia sociale di questo territorio. In questo quadro il progetto dell’Orchestra Popolare delle Dolomiti è una risorsa importante che vorremmo mettere a disposizione delle istituzioni, se queste sapranno coglierne la rilevanza. L’auspicio è che questo articolato progetto che mette in rete realtà diverse e conoscenze (ricercatori, liutai, storici, musicisti, didatti, etc.) in una accattivante forma di spettacolo, possa trovare una adeguata valorizzazione e supporto a vari livelli.  Il Centro S. Chiara a Trento ha dato un grande contributo ospitando l’esordio dell’orchestra  in occasione della 25 edizione di Itinerari folk. Ma ora dovremo battere ad altre porte per diffondere e far conoscere il nostro lavoro. Questo per noi sarebbe il “successo”: trovare soggetti pubblici e privati che sappiano apprezzare questa idea e abbiano il coraggio di promuoverla.
Qual è il vostro organico?
Siamo organizzati in due sezioni di strumenti a corda, una di plettri con quattro mandolini, due chitarre e una mandola, e una di archi con quattro violini, un violoncello e un contrabbasso, poi abbiamo un’arpa, un organetto diatonico, una sezione di fiati con traverso, ottavino, flauti diritti in legno, schwegelpfeife, cornamuse, clarinetto e tromba,  percussioni popolari, armonica a bocca, cetra e un armonio a pedale, prodotto dalla ditta Galvan, il piccolo modello “scuola”, un tempo presente in molte aule scolastiche. Le parti vocali principali sono affidate a Claudia Ferronato, ma ci sono anche momenti corali.
Quanta parte delle musiche tradizionali che avete ritrovato sopravvive ancora oggi e quanta è andata perduta?
Sostanzialmente quest’opera è stata di recupero di  musiche quasi completamente dimenticate.  L’epoca delle orchestrine paesane è finita da un pezzo e così pure quella dei complessi mandolinistici. Il mutamento del contesto economico sociale ha prodotto una notevole perdita di memoria. Molti strumenti sono stati soppiantati da altri più versatili, basta pensare all’avvento della fisarmonica cromatica che ha soppiantato il vecchio organetto diatonico, la cosiddetta “reta”. Alcuni hanno perso completamente la loro attrattiva popolare come ad esempio il mandolino che un tempo era molto diffuso o la cetra. Altri ancora appartengono ad un passato ancora più lontano e penso alla cornamusa, anche se all’inizio degli anni sessanta è stato documentato l’uso di questo strumento nelle valli bergamasche.
Quindi quella koinè di cui parli riguardo al triveneto è un momento storico che ora non si riscontra più?
Le analogie nei repertori tradizionali del nord Italia sono molte, se pensiamo alla tipologia di ballabili, alla strumentazione utilizzata e allo stile esecutivo. Allo stesso tempo se viaggiamo attraverso le Alpi troviamo tantissime peculiarità locali, enclave musicali specialissime che hanno conservato repertori veramente arcaici: la musica violinistica della Val Resia, il carnevale di Bagolino e Ponte Caffaro, i balli da piffero delle quattro Province, i repertori da ballo delle valli Occitane o dello Zillerthal. La diffusione della musica scritta a cavallo tra ottocento e novecento, attraverso pubblicazioni come “Il Mandolino”, è poi responsabile della nascita di un repertorio comune di composizioni di intrattenimento (polche, mazurche, valzer, tanghi, etc.) che avvicinava gli appassionati di musica attraverso la distribuzione capillare di questo quindicinale
In quali eventi avete avuto modo di suonare?
L’anteprima come ho detto è stata il 9 luglio 2012 nella rassegna “Itinerari Folk” a Trento. Poi c’è stata la bella serata alla fabbrica Galvan di Borgo Valsugana il 30 luglio. E il 5 agosto abbiamo suonato a Baone, sui Colli Euganei, in provincia di Padova ad un neonato festival di musica popolare. Il prossimo appuntamento è il 2 settembre in Vallarsa, all’interno della manifestazione  “Tra le rocce e il cielo” e poi saremo a Rovigo l’8 settembre al festival “Ande Bali e Cante”.
Quale è stata la risposta del pubblico al vostro concerto?
Molto buona, direi galvanizzante per noi, e per certi versi inaspettata. Sia a Trento che a Borgo che a Baone abbiamo visto moltissima gente entusiasta e questo conferma che attraverso lo spettacolo passano anche delle emozioni.  Se questo voglia dire che c’è anche un maggiore  interesse, rispetto al passato, nella riscoperta delle proprie radici culturali questo non posso dirlo.  Per noi è importante che lo spettacolo funzioni bene,  trasmetta e comunichi qualcosa al pubblico. Speriamo che anche i giovani trovino interessante questo progetto e abbiamo la curiosità di vederlo. Nel resto d’Europa i giovani vanno a vedere molto numerosi i concerti di musica tradizionale, ricominciano a suonare strumenti particolari, frequentano i festival. In Italia questi fenomeni ci sono, basta pensare alla taranta salentina con le sue luci e le sue ombre,  ma non sono presenti dappertutto.
Quindi il problema è sia di costruzione di una cultura musicale che poi di una costruzione di una cultura e di una memoria?
Sicuramente i problemi rimandano a entrambe queste dimensioni.
Un esempio sul Trentino, che è la realtà che conosco meglio: c’è una rete formidabile di scuole musicali, e nessuna che proponga un corso di mandolino, di organetto diatonico e di altri strumenti, è possibile?  L’organetto in particolare che ha avuto un significato storico particolare, perché costruito in Trentino da vari laboratori come Galvan (Borgo), Giuliani (Mori), Branz Dallapè (Trento), Socin (Val di Non e Bolzano), etc. e addirittura esportato in giro per il mondo. 
Il ritrovamento del manoscritto Cadorino è avvenuto grazie a Manuela De Luca Valente, una studentessa dei corsi di etnomusicologia del Conservatorio di Padova, corsi che oggi sono stati cancellati a causa dei tagli all’istruzione.
In Piemonte nelle valli occitane il forte senso d’identità ha ad esempio portato al recupero di una prassi, diffusa anche tra i giovani, di suonare la ghironda e l’organetto. Così in Tirolo e Sudtirolo le scuole musicali hanno corsi di arpa tirolese, zither, organetto, hackbrett, etc.
Quali progetti avete per il futuro?
Lo spettacolo ovviamente è ancora in fase di rodaggio, ma ci stiamo preparando perché il 2013 possa regalarci qualche soddisfazione.  Speriamo che lo spettacolo possa girare il più possibile, compatibilmente col fatto che veniamo da zone diverse e distanti, e non siamo professionisti. Ci stiamo attrezzando con gli strumenti informativi che sono ormai indispensabili: una pagina facebook che già potete consultare, un website in costruzione, una documentazione audiovisiva che riguarda lo spettacolo che abbiamo fatto a Trento. Sul sito di Calicanto, inoltre, potete trovare le modalità per acquistare il libro a 15 euro.
Ludovico Rella
ludovico_rella@yahoo.it

ORCHESTRA POPOLARE DELLE DOLOMITI SI ESIBIRA' IN VALLARSA A TRA LE ROCCE E IL CIELO DOMENICA 2 GIUGNO ALLE 21 AL TEATRO COMUNALE DI S. ANNA. INGRESSO LIBERO.

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