lunedì 17 settembre 2012

ISABELLA SALVADOR: TRASFORMAZIONI - UOMO E PAESAGGIO NELLE VALLI DEL LENO


Al festival della Montagna TRA LE ROCCE E IL CIELO c'è stata TRASFORMAZIONI – UOMO E PAESAGGIO NELLE VALLI DEL LENO, una mostra realizzata da Isabella Salvador e Marco Avanzini del Museo delle Scienze di Trento. Di cosa parla questa mostra?
La mostra vuole mettere in evidenza come e quanto è cambiato il paesaggio delle Valli del Leno e quali sono stati i fattori che hanno determinato le grandi trasformazioni territoriali. La comparazione di immagini del passato e odierne rende bene l'idea di quanto i versanti vallivi, i terrazzamenti attorno agli insediamenti, i pascoli d'altura siano stati occupati negli ultimi decenni dal bosco. La strutturazione antropica del territorio per colture e fasce altimetriche, prodotto del secolare lavoro delle popolazioni locali, è stato rapidamente cancellato a seguito della dismissione delle tradizionali pratiche agro-pastorali. Il non uso dei campi coltivati, dell'alpe, dei prati da sfalcio ha determinato il rapido avanzare del bosco, che ha sommerso non solo i terrazzamenti e le radure pascolive, ma anche la storia e l'identità delle comunità locali.
In che modo il paesaggio fotografa e mantiene la traccia di queste trasformazioni?
Il paesaggio che noi oggi vediamo non è solo uno sfondo di cartolina. I luoghi dove noi viviamo tengono memoria e ci possono raccontare una storia lontana. Un esempio possono essere le tracce che ha lasciato la prima guerra mondiale: le trincee che segnano tutta l'area del Pasubio sono sicuramente una delle manifestazioni più evidenti di come la Storia rimanga saldata ad un territorio, anche a distanza di un secolo. Ma il paesaggio di queste valli può raccontarci vicende storiche ancora più antiche, fatti accaduti molto prima della Grande Guerra. Basti pensare ai terrazzamenti che strutturano i pendii delle valli dal Leno fino a circa i 1000 metri di quota, oggi nascosti sotto la vegetazione, ma fino a qualche decennio fa ben visibili; questi ricordano la prima grande trasformazione del territorio montano ad opera dei roncatores bavaro tirolesi richiamati in questi luoghi per strappare alla selva lembi di terra coltivabile. Anche le tracce immateriali, che attengono alla dimensione della memoria, raccontano di un tempo in cui i toponimi erano strettamente legati alle forme e ai modi d'uso del territorio. Parole derivanti dall'antica lingua cimbra, come Biser (prato), Acher (terreno coltivabile), Raut (terreno disboscato), ... ancora oggi utilizzati da chi vive in questi luoghi per identificare precisi contesti territoriali, tengono inconsapevolmente memoria  della prima fase della costruzione del paesaggio antropico.
Hai studiato la storia delle malghe del Pasubio. Perché Trambileno, che ha all’interno dei suoi confini amministrativi ben 16 malghe, oggi ne possiede solo una?
L’anomalia del comune di Trambileno ha origine innanzitutto dalla particolare conformazione geomorfologica delle Valli del Leno. I territori montani di Trambileno che si aprono tra la valle di Terragnolo e quella di Vallarsa, caratterizzati da ampi pianori, erano ideale per il pascolo del bestiame, mentre i ripidi versanti dei due comuni, dove si erano arroccati i piccoli nuclei abitati, venivano lasciati a bosco (dove le coltivazioni non riuscivano a produrre) e sfruttati per la silvicoltura. La carenza di aree pascolive all’interno dei propri confini rendeva i pascoli di Trambileno molto appetibili sia per Terragnolo che per Vallarsa. Ecco perché per secoli le 2 comunità hanno lottato per il possesso di queste aree.
L'origine della spartizione delle malghe risale alla metà del 1400. I beni di Guglielmo di Lizzana, con l’arrivo dei Veneziani nel 1416, furono messi a pubblica asta: tra i suoi possedimenti c'erano anche i vasti pascoli del Pasubio, che in parte furono acquisiti da signori vicentini (i Vello, i Cerri, i Sbardellati,…) e in parte dalle comunità, che iniziarono così a consolidare una propria indipendenza. Con la cacciata della Serenissima dal Trentino (1509), gli accordi stipulati per la partizione di questi monti saltarono. In seguito, infeudazioni e compravendite causarono litigi tra le comunità. Le sentenze si protraevano per secoli. Da un estimo del 1627 risulta che Trambileno possedeva ancora gran parte delle sue malghe. Ma dal Catasto teresiano del 1792 a Trambileno rimaneva solo l’alpe Fratielle. La maggior parte dei pascoli erano stati “spartiti” tra Vallarsa e Terragnolo.
La leggenda narra che Trambileno avrebbe venduto le sue proprietà per pagare il salato conto delle nuove porte della chiesa di S. Mauro a Moscheri, ricostruita nel 1780. Ma gli atti ufficiali dicono altro: verso la metà del Settecento il comune di Trambileno era debitore di grosse somme di denaro nei confronti di quattro nobili. La comunità decise di saldare il debito cedendo ai creditori alcune delle sue malghe. A quell’epoca molte erano già state vendute. La cessione riguardò gli ultimi suoi beni, cioè Valli, Costoni, Corona e Monticello; Trambileno riuscì a salvare Fratielle. I nobili, che ormai abitavano nei grandi centri abitati del fondovalle, non avevano diretto interesse a curare la gestione dei pascoli. Pochi anni dopo misero quindi all’asta le malghe acquisite. Terragnolo comprò malga Valli, Costoni e Corona, Vallarsa malga Monticello. Questa suddivisione, che data 1769, è sopravvissuta fino ad oggi.
Stefania Costa
costa_stefania@yahoo.it

Nessun commento:

Posta un commento