mercoledì 20 luglio 2016

Varcare un confine vuol dire lasciare tante altre cose

Intervista a Maurizio Tomasi

Il Trentino è stato in passato terra di emigrazione: oggi la diaspora trentina è presente in diversi paesi in tutti e cinque in continenti, rappresentando la storia di una terra da cui migliaia di persone sono partite, in cerca di un futuro migliore. Con Maurizio Tomasi, direttore del periodico dell’Associazione Trentini nel Mondo, parliamo di questa storia di migrazioni passate, e di come la memoria possa aiutare ad affrontare meglio un presente in cui masse di persone si mettono in viaggio, in cerca di lavoro o anche solo per sopravvivere.




Cos’è Trentini nel Mondo? Di cosa si occupa, e quando è nata?

L’associazione Trentini nel Mondo è nata nel 1957, quindi l’anno prossimo festeggiamo i nostri primi 60 anni di attività. Quando l’associazione nacque, il Trentino era ancora fortemente una zona di emigrazione: l’Italia era da poco uscita dalla guerra, in patria c’erano poche opportunità di impiego e anche il governo centrale aveva una politica che incentivava la partenza più che il far rimanere. L’emigrazione trentina in quegli anni è soprattutto rivolta ai paesi europei: la Germania, la Svizzera, la Francia e il Belgio. L’associazione nasce per accompagnare questi migranti, dar loro un punto di riferimento e aiutarli nell’inserimento nel paese di destinazione, in modo che i migranti si sentissero meno soli. L’associazione ha anche lavorato per rappresentare e difendere i diritti dei migranti: cittadinanza, sanità, salario, abitazione. L’operazione è riuscita, anche perché all’epoca la sensibilità su questo tema era molto più diffusa e sentita. L’altro pilastro dell’associazione è sempre stato la creazione di solidarietà fra le diaspore e il nostro Paese, in particolare il nostro territorio. Sono nati così i circoli trentini, in principio come associazioni informali delle comunità trentine all’estero, e poi istituzionalizzati attraverso la nostra associazione, diventando così dei luoghi fisici dove chi ne avesse bisogno poteva trovare aiuto, informazioni, suggerimenti, oltre che luoghi dove poter parlare la propria lingua e il proprio dialetto. Quando, poi, il flusso migratorio si è ridotto o addirittura invertito, l’associazione ha iniziato a svolgere attività di ricerca sulle diaspore più antiche, quelle risalenti a fine Ottocento, inizi Novecento, soprattutto in America Latina. Si è iniziato, quindi, a costituire circoli laddove prima non ce n’erano e a collaborare con circoli molto più antichi dell’associazione stessa: ad esempio Buenos Aires (Argentina) e Montevideo (Uruguay) avevano circoli da molto prima che nascesse Trentini nel Mondo. Ad oggi, abbiamo circa 200 circoli in tutto il mondo. Dagli inizi degli anni 90 e per circa vent’anni, in risposta a una sollecitazione che era venuta in particolare dai giovani dell’Argentina, con il supporto della Provincia Autonoma di Trento, sono stati realizzati progetti di solidarietà e cooperazione per costituire cooperative in alcuni paesi del Sud America. Sempre in chiave solidaristica, l’associazione oggi gestisce dei fondi stanziati dalla Provincia autonoma di Trento per aiutare quei discendenti di migranti trentini che ancora versano in condizioni di particolare difficoltà economica.



Trentini nel Mondo è un’organizzazione di diaspora. Cosa vuol dire per una diaspora il Confine e la Frontiera?


Varcare una Frontiera, specialmente quando si è costretti a migrare e non lo si fa per scelta e volontà, rappresenta sempre una lacerazione per la vita di una persona, e di questo abbiamo ancora testimonianze, dirette o indirette: chi è emigrato conserva un ricordo molto intenso della terra di origine, e spesso questo attaccamento viene trasmesso ai figli e nipoti. Quando abbiamo occasione di andare in giro per il mondo ad incontrare i discendenti dei migranti trentini, spesso vediamo persone che, pur non essendo mai state in Trentino, hanno un forte senso di attaccamento per il nostro territorio, per loro tutto quello che riguarda il Trentino ha un immenso valore. Spesso quando andiamo a trovare delle comunità trentine all’estero siamo accolti da un calore e un entusiasmo quasi imbarazzanti da tanto sono forti. Rino Zandonai, è stato a lungo direttore dell’Associazione Trentini nel Mondo per quasi vent’anni fino a quando non è morto nel 2009 nel volo Rio de Janeiro –Parigi dove morirono anche il consigliere provinciale Giovanni Battista Lenzi e il sindaco di Canal San Bovo Luigi Zortea: Zandonai spesso diceva che andare a trovare persone che hanno radici trentine è come far loro un regalo, ed è vero. Varcare un confine vuol dire lasciare tante altre cose: i propri usi, i propri costumi, le proprie abitudini. E il paese di destinazione, all’inizio, non è mai completamente ospitale: diffidenza, paura, odio, razzismo e discriminazione sono processi attraverso cui tutti i migranti passano, e i trentini non fanno eccezione in questo senso. Per esempio, verso fine ottocento alcune famiglie emigrarono dalla Valsugana verso il Vorarlberg, quindi sempre all’interno dell’allora Impero Austro-Ungarico: questi trentini vengono descritti dalla stampa locale come persone violente, facili alle risse, rumorose, sporche.




1. Famiglie di origini trentine che fanno parte del Circolo trentino di Venda Nova do Imigrante (Espirito Santo – Brasile).



Quali esperienze di accoglienza, positive e negative, ci sono state nella storia dell’emigrazione trentina?


Alcuni episodi positivi ci sono stati in Messico verso fine Ottocento, dove alcune comunità, all’inizio, sono state accolte con calore e disponibilità. Tuttavia, la realtà messicana in quegli anni non era molto stabile, sotto il profilo sociale o politico, e le varie rivoluzioni che si sono succedute hanno poi generato anche un clima di xenofobia. In Europa, invece, ci sono molti esempi tristemente famosi di cartelli fuori da bar e alberghi con “non si serve a italiani” o “non si danno stanze a italiani”. È sempre di attualità la citazione dello scrittore e architetto svizzero Max Frisch che risale al periodo della grande emigrazione italiana verso la Svizzera: “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. Chi emigra è prima di tutto un essere umano, che spera e che sogna di realizzare altrove quello che non riesce a realizzare nel suo paese. A prescindere dall’accoglienza da parte delle altre persone della comunità di arrivo, c’è stato spesso il problema dell’ambiente e della natura del luogo di destinazione: chi è emigrato in Brasile a fine Ottocento doveva vedersela con una natura selvaggia e pericolosa, sia in termini di clima che di animali che di malattie. 



2. Articolo apparso sul periodico dell’Associazione nel 2012 in occasione di una visita in sede di Dennis De Concini.



Che ruolo, positivo o negativo, possono giocare le diaspore nell’integrazione e nel costruire ponti fra la comunità dei migranti e il paese di arrivo?


Prima di tutto, tutti i migranti, oltre a non essere solo braccia da lavoro ma persone, esseri umani, col tempo diventano sempre anche cervelli per la comunità di arrivo: arricchiscono con idee, invenzioni, cultura, innovazione. La storia dell’emigrazione trentina mostra chiaramente questo sviluppo: all’inizio erano soprattutto contadini o manovali per grandi opere pubbliche e per infrastrutture. Col tempo, queste persone o i loro discendenti hanno avuto modo di accedere ad altri lavori e ad altre posizioni sociali; sono diventati imprenditori e liberi professionisti; sono arrivati a rappresentare la loro comunità nel paese d’arrivo come consiglieri comunali, sindaci; negli Stati Uniti e in Brasile ci sono Senatori figli e nipoti di migranti trentini, o Vescovi. La forza della diaspora permette quindi di andare oltre all’idea del migrante come lavoratore, e vanno verso il migrante come portatore e parte di una cultura. La commistione e il dialogo fra culture è sempre stimolante e utile nel lungo periodo, anche se può essere aspro all’inizio.



3. Maria Aparecida Borghetti, è l’attuale vice governatrice dello Stato del Paranà, in Brasile, di origini trentine (Borghetto). Nella foto è con Cesare Ciola, vice presidente dell’Associazione Trentini nel mondo.



Parlando di attualità: il Trentino era luogo di emigrazione ma, oggi, con le immagini di un Brennero sigillato, il nostro territorio viene percepito come luogo di arrivo o di transito di nuove masse umane che si sono messe in viaggio. La nostra esperienza di emigranti come ci può aiutare a leggere con occhi diversi quello che sta succedendo ora?


Ribadendo quanto già detto, prima di tutto ci deve, o ci dovrebbe, abituare a pensare ai migranti non come braccia o come numeri, ma come persone, in quanto tali titolari di diritti e doveri. Ci aiuta a pensare che le persone che stanno migrando sono persone già lacerate perché costrette ad abbandonare il loro paese, quindi non lo fanno per turismo o svago. Esattamente come i nostri migranti, a fine Ottocento, andavano verso il Nuovo Mondo con poche idee su dove stessero andando, anche oggi chi si mette in viaggio per arrivare ad attraversare il Mediterraneo parte per partire, più che avere una chiara idea su dove vuole arrivare. A fine 2013, nell’ambito di una ricerca promossa dall’Università La Sapienza di Roma sono stati intervistati i richiedenti asilo del C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto, nei pressi di Roma, per cercare di capire le loro conoscenze geografiche sul loro viaggio: si è così scoperto che anche nel caso delle migrazioni contemporanee l’esigenza, più che di sapere chiaramente la destinazione, è quella di partire. Come vediamo, la storia ci aiuta, quindi, ad evitare categorizzazioni e generalizzazioni, che poi sono sempre pregiudizi. Partendo dal fatto che i migranti sono comunque persone, tutti gli ostacoli al dialogo, per quanto alti, diventano superabili. Riguardo al Brennero, personalmente ritengo che il ritorno a barriere di qualsiasi tipo sarebbe un regresso assolutamente da condannare, soprattutto per un territorio come il nostro che ha vissuto sulla propria pelle quanto facciano male i confini e le linee del fronte. Una chiusura del Brennero sarebbe poi incongruente rispetto all’Euroregione che oggi favorisce la cooperazione e agli scambi fra Trentino, Sudtirolo e Tirolo.



4. Gruppo di giovani nordamericani (Stati Uniti e Canada).



Quali progetti ha in mente per il futuro Trentini nel Mondo?


Sicuramente uno dei punti cardine per il futuro è continuare ed approfondire la collaborazione con i circoli trentini all’estero. In questo contesto le nuove tecnologie saranno certamente utili nel costruire una ancora più ampia rete di rapporti e conoscenze, in modo da porre le basi per creare una grande comunità che coinvolga tutti coloro che si sentono trentini, indipendentemente dal luogo nel quale risiedono. Poi c’è da tenere sempre più in considerazione la nuova mobilità dei giovani trentini che, per studio o per lavoro, vanno all’estero. Finché sarà possibile, si continuerà con interventi di solidarietà. Permane la necessità è di continuare a coltivare la memoria delle migrazioni storiche, che hanno avuto un forte impatto sul nostro territorio, ad esempio tramite le rimesse. Investire sulle nuove generazioni è necessario anche per avere un ricambio generazionale nella nostra organizzazione e per permettere che i valori di solidarietà che ci ispirano continuino ad essere tramandati di generazione in generazione.


Maurizio Tomasi parteciperà al convegno di TRA LE ROCCE E IL CIELO in programma il 20 agosto al Teatro di S.Anna: CONFINE O FRONTIERA? MONTAGNE MIGRANTI
Riace – Vallarsa. L’avvenire delle terre alte italiane e la sfida della costruzione di una società interculturale ed eco-etica. 
L'Europa fra Soglia e Limite
Andrea Anselmi: Crisi dei migranti: fra chiusura e accoglienza.
Raffaele Crocco: Crisi dei migranti: cause di un cambiamento strutturale.
Francesco Palermo: Accoglienza e integrazione nelle aree di confine.
Riccardo Pennisi: Crisi dei migranti: le risposte dell’Europa fra ponti e muri.
Ozlem Tanrikulu: Ripensare le comunità, fra confini e conflitti.
Maurizio Tomasi: Quando i migranti eravamo noi: sofferenza e accoglienza dei trentini nel Mondo.
Accompagnamento musicale del gruppo TERNE SINTI.
Coordina Ludovico Rella.





Ludovico Rella

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